giovedì 26 maggio 2011

“L’associazione internazionale per l’avanzamento del disadattamento creativo”

From 24 April 2011 StemCells&AtomBombs: "The International Association for the Advancement of Creative Maladjustment"



Da sindacalista e socialista, ho sempre ritenuto vere queste parole di Martin Luther King.

“Non intendo adattarmi alla segregazione e alla discriminazione. Non intendo adattarmi al fanatismo religioso. Non intendo adattarmi a condizioni economiche che privano le masse del necessario per dare lusso a pochi. Non intendo adattarmi alla follia del militarismo e agli effetti distruttivi delle violenza fisica”.
E suppongo che ora che sono un nuovo paraplegico, queste parole siano ancora più vere.
Dopo aver ascoltato questo discorso dopo tanto tempo, mi sono venuti in mente due post pubblicati di recente sul blog.

Uno riguardava una conversazione immaginaria con il mio counselor durante la “terapia di gruppo per la lesione al midollo spinale”.

Counselor: "Se non accetti il tuo destino, non ti adatterai mai".
Dennis: "Non mi interessa adeguarmi a questa vita. Piuttosto preferisco lottare per una cura. Non solo perché ne voglio una, ma perché è possibile".
Counselor: "Allora amico mio tu sei disadattato e prendi una F nel gruppo".


E l’altro era un post scritto da un amico in cui raccontava di essere stato etichettato come:
Un esempio di persona non reintegrata nella società dopo una lesione midollare”. In pratica anche a lui avevano detto di essere un disadattato.

Nel 2011 è giusto cercare ancora di adattarci alla paralisi quando ci sono risultati eccellenti negli studi sugli animali e nei test clinici effettuati per curare la paralisi? In realtà è proprio l’idea che dovremmo adattarci che blocca la cura.

Io apprezzo tutto il lavoro svolto da chi, prima di noi, ha lottato per una maggiore accessibilità, per le possibilità di impiego, ecc. ma fin tanto che, nel 2011, continuiamo a pensare che la paralisi sia qualcosa a cui ci si deve adattare, saremo sempre più lontani da una cura.

L’immagine del “paraplegico felice” che vive una vita di successo sulla sedia a rotelle è un mito.

Per ogni uomo d’affari di successo o donna in carriera su una sedia a rotelle, ce ne sono un’infinità che non hanno lavoro. Secondo uno studio del 2002, in America il tasso di disoccupazione per le persone affette da lesione al midollo spinale era del 63%. E a questo non intendo adattarmi.

Per ogni persona felice che vive una vita spensierata sulla sedia a rotelle, ci sono innumerevoli casi di suicidio. È stato stimato che il tasso di suicidi nella comunità delle persone affette da lesione al midollo spinale è cinque volte superiore rispetto alle persone senza disabilità. E a questo non intendo adattarmi.

Per ogni persona che vive una lunga vita sulla sedia a rotelle, ce ne sono migliaia che muoiono prematuramente a causa delle complicazioni derivanti dalla lesione al midollo spinale. Uno studio del 2009 ha affermato che le aspettative di vita “sono ancora inferiori alla media, per le persone affette da lesione al midollo spinale”. Non intendo adattarmi a un’aspettativa di vita inferiore rispetto agli altri.

Per ogni persona sulla sedia a rotelle che può usufruire di una maggiore accessibilità nelle nostre comunità, ci sono innumerevoli altre persone che sono confinate tra le mura domestiche a causa della povertà, del dolore o della dipendenza dal respiratore, per le quali le rampe di accesso non servono a niente. E anche a questo non intendo adattarmi.

Se rifiutarsi di rinunciare a sperare in una cura, quando ci sono le prove a sostegno della possibilità di averne una, significa essere etichettati come disadattati, allora anch’io sono un disadattato e mi metterò in gioco per “L’associazione internazionale per l’avanzamento del disadattamento creativo”.

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