sabato 9 ottobre 2010

Più grande della forza degli atomi ingrandita mille volte


From 04 July 2010 www.StemCellsandAtomBombs.blogspot.com:  Greater than the might of atoms magnified a thousand fold


Forse conoscerete questa canzone: un verso corrisponde al titolo di questo post. Avete già capito di che canzone sto parlando?

È cantata al ritmo di «Glory, Glory, Hallelujah» (Battle Hymn of the Republic). Avete già indovinato la risposta?

Uno dei versi fa così:

In our hands we hold a power greater than their hoarded gold,
Greater than the might of atoms magnified a thousand fold.
We can bring to earth a new world from the ashes of the old,
For the union makes us strong.

(Nelle nostre mani abbiamo un potere più grande dell’oro che hanno accumulato,
Più grande della forza degli atomi ingrandita mille volte.
Possiamo portare sul pianeta un nuovo mondo a partire dalle ceneri di quello vecchio
Perché l’unione ci rende forti.)

Avete indovinato?

Esatto: è «Solidarity Forever».

L’ho fatto davvero. Stavate tutti aspettando che finissi a parlare in qualche modo di unioni sindacali e adesso l’ho fatto. Non solo ho parlato di unioni sindacali, ma l’ho fatto tirando in ballo quella canzonetta, quel vecchio cliché. Possibile che non sappia che la gente si stufa con cose come quella «Solidarity Forever»?

A queste possibili critiche rispondo così: e che c’entra questo?
Mi ricordo di una storia che mi hanno raccontato quando sono entrato nel sindacato di cui sono ora segretario generale.

In una scuola era in corso una campagna associativa e gli organizzatori del sindacato cercavano di convincere il direttore didattico ad aderire perché sapevano che l’adesione di una figura così carismatica avrebbe incoraggiato altri a fare lo stesso. Il timore era che il direttore didattico fosse «antisindacale». Un altro insegnante che pensava a sua volta che il direttore didattico fosse antisindacale e che voleva ingraziarselo disse ad alta voce che non gli piacevano i sindacati, al che il direttore didattico gli rispose «E che c’entra questo?».

Questa frase, «E che c’entra questo?», riassume perfettamente quello che provo. Alcune persone sono contrarie alle idee dei sindacati, ma pochissime persone sono contrarie all’idea dei sindacati. Parlo di sindacati perché è un argomento che conosco e se non lo facessi la gente direbbe: «Adesso che è paralizzato, ha smesso persino di pensare ai sindacati!».

A dire il vero, adesso che sono paralizzato mi ritrovo a pensare ai sindacati ancora più spesso di prima. Infatti, quando togli qualsiasi eventuale pregiudizio (positivo o negativo) sui sindacati e ti concentri sulla domanda fondamentale del «cos’è un sindacato?» e sulla risposta «un gruppo di persone che condividono un interesse comune e che si uniscono per evitare che la loro causa, il loro problema o i loro bisogni vengano dimenticati», la maggior parte delle persone capisce la  logica sottostante. L’ha capita anche il direttore didattico, che ha aderito al sindacato nonostante “non gli piacessero i sindacati”.

È proprio in questo che consiste la solidarietà: un gruppo di persone che condividono un interesse comune e che si uniscono per evitare che la loro causa, il loro problema o i loro bisogni vengano dimenticati. Non è niente di spaziale, né di radicale: è semplicemente la base di tutta la società umana. Persone che si uniscono.

Sarà facile o difficile mettere assieme persone provenienti da diverse “comunità di malati”? Per come la vedo io, se si è organizzati come si deve e se le persone sentono di poter fare la differenza, la gente reagisce. Però le persone malate o paralizzate costituiscono una minoranza, perciò ci serve la solidarietà degli altri.

Ma come può chi non soffre di sclerosi multipla o di diabete o di una lesione al midollo spinale, o di un altro problema curabile con le cellule staminali, dimostrare solidarietà a chi invece ne soffre? Non ha senso che vi dica che queste cose potrebbero succedere anche a voi: chi è sano non crede mai di potersi ammalare
. Se l’anno scorso mi aveste detto che sarei rimasto in ospedale, paralizzato, per quasi un anno, mi sarei aperto una birra, acceso una sigaretta e avrei detto che eravate matti da legare.

Felipe Zegarra, prete diocesano peruviano e professore di teologia all’Università Cattolica del Perù, ha dato una definizione magnifica: «La solidarietà è una buona alternativa a quella parola abusata che è compassione», e forse anche per quella parola abusata che è amore.

Nelle prossime settimane vi chiederò di dimostrare solidarietà nei confronti miei e di altri malati di vostra conoscenza. Lo chiedo anche a quelli di voi a cui “non piacciono i sindacati
, eheh! La prima cosa che vi chiedo di fare questa settimana è semplice.

Sulla sinistra di questo blog troverete un pulsante con scritto"Segui": se lo premete potrete iscrivervi e seguire costantemente il blog. Inoltre, se lo fate, sul sito apparirà la vostra immagine o la vostra ombra e farete sapere agli altri che state dimostrando «solidarietà» nei confronti miei o di altre persone di vostra conoscenza, compresi voi stessi, che soffrono di una delle tante malattie che potrebbero essere curate con le cellule staminali.

Non preoccupatevi, non lo sto facendo per aumentare il traffico e quindi far pagare la pubblicità: lo faccio perché chi è malato o chi è disperato perché una persona cara è malata veda la vostra faccia e sappia di non essere solo. Quando si è malati, la cosa peggiore è sentirsi soli: con un semplice click potete aiutare qualcuno, anche soltanto me, a non sentirsi solo.


Questa
solidarietà, questa compassione, questo amore è il primo passo nella costruzione di qualcosa di «più grande della forza degli atomi ingrandita mille volte», e forse in futuro nella sconfitta di malattie che affliggono voi o un vostro caro.

P.S.: Spero di non dover spiegare a nessuno cosa c’entra l’articolo di oggi con la bomba atomica, eheh! (devo proprio imparare come si usano parentesi e punteggiatura per fare quelle belle faccine che ti strizzano locchiolino come cenno dintesa).

P.S.S.: Nella versione originale datata 1915 non compare la parola «atomo», ma la parola «eserciti». Se vi fermate a riflettere un attimo, noterete che appena 30 anni dopo era già stata prodotta una bomba atomica.

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